Pietro Mennea, nella foto ventenne dopo aver conquistato la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Monaco 1972, è accanto a Larry Black (argento) e a Valerij Borzov (oro). Oggi avrebbe compiuto 69 anni, è scomparso a soli 61 anni il 21 marzo 2013.
E’ stato il più grande velocista bianco, in grado di sfidare gli sprinter afroamericani, i neri d’America. E batterli. Prese il testimone dal sovietico Borzov, oro olimpico prima di lui e suo grande rivale che ancora si commuove quando ricorda le bellissime sfide degli anni Settanta.
“A che ora corre Mennea?”, per noi piccoli appassionati davanti alla tv in bianco e nero era un magnete, come Marcello Fiasconaro, altro primatista mondiale sugli 800 metri.
Recordman imbattuto per 17 anni con 19.72, la “freccia del sud” abbandonò la scena mentre sulle piste dell’atletica dominava “il figlio del vento” Carl Lewis. A 36 anni, Seul 1988 fu la sua quinta e ultima Olimpiade. Dopo di lui nessun bianco ha più tenuto il passo dei neri. Un giorno in California lo presentarono a Muhammad Ali, Cassius Clay, come l’uomo più veloce del mondo. “Ma tu sei bianco” borbottò il grande pugile, “ma dentro sono più nero di te” gli rispose Mennea.
Lo vidi correre dal vivo una volta a Napoli, stadio San Paolo, beccato dal pubblico che un po’ ovunque gli rimproverava l’apparente distacco, in realtà la cortina sensibile con cui proteggeva timidezza e inquietudine. Introverso, complesso, determinato, spigoloso. Lo ricordo così. Figlio di una famiglia povera della Puglia (Barletta), si laureò in Scienze Politiche e poi prese altre tre lauree. Denunciò il doping e rifiutò compromessi con burocrati e opportunisti. Atleta costruito con la fatica e uomo incorruttibile. Le istituzioni dello sport si dimenticarono di lui e lo hanno celebrato al suo funerale.
Il video in ricordo dell’oro olimpico di Mosca
Pietro Mennea, la leggenda olimpica del più grande velocista bianco
