Quando a giugno ho varcato in auto il confine di questa terra martoriata mancavano ancora 830 km per Kiev. Il deserto delle strade, le chiese, il cielo infinito. E le macerie. “Dove sono finiti i fiori” cantava contro la guerra Usa nel Vietnam Joan Baez, oggi una ragazza di 82 anni compiuti il 9 gennaio e simbolo pacifista contro l’invasore russo.
Le immagini raccolte in Ucraina sono valse il rischio del sequestro del cellulare, dell’auto e di una visita forzata in caserma. Il mio amico Nicolai volontario in trincea in quei giorni, fu bloccato nel centro di Kiev da poliziotti in borghese che gli controllarono il telefono. A Borodjanka tra palazzi sventrati ci siamo presi gli insulti di una signora, ci accusava di fotografare dove era morta tanta gente. Aveva ragione, non c’è stato il tempo di spiegarle che avevo fatto migliaia di km per documentare l’orrore di Putin.
Mukachevo, Leopoli, Makariv, Irpin, Bucha, Borodjanka, Kiev e la strada per Chernihiv sono state le tappe del mio viaggio nel Paese in guerra, l’amico ucraino ha avuto pazienza e sangue freddo (“non sai che sto passando a starti dietro” mi disse) e capii il suo sacrificio quando gli chiesi che cosa avremmo rischiato a Kharkiv, in quei giorni bombardata giorno e notte dai russi.
A Dnipro dove vivono i suoceri di Nicolai l’ultima strage con un missile Kh-22, usato per affondare le navi ha centrato un palazzo di nove piani, 45 morti, sei minori. L’aggressione di Putin è costata la vita finora a 500 bambini, mille feriti e amputati, chissà quanti scomparsi, per migliaia di ucraini la vita sarà segnata da una croce.
Nelle foto: la bandiera rossonera issata sulle barricate indica il Paese in guerra,la bambina della statua è il simbolo dell’Holodomor, lo sterminio per fame di 4 milioni di ucraini, la metà bambini, voluto da Stalin.