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Cry Macho, il crepuscolo infinito di Clint Eastwood

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La redenzione è un tema ricorrente nei film di Clint Eastwood. Le trame dell’attore e regista americano si nutrono spesso della tensione verso il riscatto, dal fallimento o dal rimorso, e l’etica della giustizia si rivela con l’amaro disincanto che ha reso unico il suo stile. 𝐺𝑟𝑎𝑛 𝑇𝑜𝑟𝑖𝑛𝑜, 𝐿𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑑𝑎 𝐼𝑤𝑜 𝐽𝑖𝑚𝑎 ma anche nel sensitivo e soprannaturale 𝐻𝑒𝑟𝑒𝑎𝑓𝑡𝑒𝑟 o ne 𝐼 𝑝𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑀𝑎𝑑𝑖𝑠𝑜𝑛 𝐶𝑜𝑢𝑛𝑡𝑦 la ricerca di una via d’uscita dagli affanni della vita si spinge talvolta fino all’epilogo più struggente.

Una dimensione umana che accompagna l’ultimo sentiero della sua parabola non solo cinematografica e si ritrova in 𝐶𝑟𝑦 𝑀𝑎𝑐ℎ𝑜 – 𝑅𝑖𝑡𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑎 𝑐𝑎𝑠𝑎 di cui è regista, attore protagonista e produttore a 91 anni: nelle sale italiane dal 2 dicembre. La storia, tratta dall’omonimo romanzo scritto nel 1975 da N. Richard Nash, è un vestito su misura per lo stile narrativo di Clint, a suo agio sulle note dolci di Mark Mancina con il personaggio di Mike Milo, che un tempo era un sacco di cose ma ora non più.

Ex star dei rodeo e allevatore di cavalli, al quale un vecchio capo chiede una missione: riportare il figlio dal Messico agli Stati Uniti per allontanarlo dalla madre “tutta matta” e alcolizzata. Lungo il viaggio pieno di insidie il ragazzo vivrà un’occasione di crescita e il vecchio Milo l’opportunità di sdebitarsi umanamente e ritrovare sentimenti sepolti.

La costruzione della trama non resterà tra le pagine indimenticabili di Clint, ma il filo di voce e il passo ormai incerto sono la sua impronta malinconica sul crepuscolo della vita.
(Ferruccio)

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