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Da Owens a Phelps, magia e leggenda delle Olimpiadi

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Il commovente Muhammad Alì malato di Parkinson ultimo tedoforo ai giochi olimpici di Atlanta ’96 e il compianto Pietro Mennea oro di Mosca. Due simboli delle Olimpiadi aprono e chiudono il tuffo nella storia dell’evento più sacro dello Sport, che oggi inaugura in Giappone la 32 esima edizione. Scorrono immagini di atleti diventati leggenda, Jessie Owens, Mark Spitz, Michael Phelps, Nadia Comaneci, Carl Lewis, Usain Bolt e tanti altri che ci vorrebbe una cineteca, sfide epiche come Urss Usa di basket a Monaco ’72 vinta all’ultimo secondo dai sovietici, lo storico oro femminile del volley giapponese nel 1964, il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico, la forza e l’orgoglio della maratoneta Gabriela Andersen sfinita al traguardo, Nino Benvenuti e la gioia dei telecronisti Paolo Rosi e Giampiero Galeazzi per le imprese degli italiani. Le Olimpiadi sono forse l’ultimo avamposto di una società che conserva brandelli di umanità e lealtà.

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