Quando a 10 anni dividevo camera e sogni con mio fratello di 12, i dischi di Bennato e De Gregori, Battisti e De Andrè erano la nostra bandiera piantata sugli anni ’70. Accadde che tra quei vinili infilati uno sopra l’altro, ce ne ritrovammo uno che nella nostra collezione di cantautori ci sembrò alieno, illustre e nemmeno sconosciuto. Era un paziente di mio padre medico e suo caro amico. Era Luciano Lualdi, un grande tenore.
Un giorno bussò a casa per regalare un disco al suo dottore e mio padre si curò di custodire quel dono affidandolo ai figli…ebbe cura soprattutto dell’amico Luciano finché un tumore se lo portò via a 67 anni.
Padre di La Spezia, madre di Napoli, Lualdi fu grande e giovane interprete della canzone napoletana, premiato nel ’59 con la ventenne Milva in un concorso Rai per voci nuove. In rapporto conflittuale con la città che non gli riconobbe quel che meritava, traghettò la sua anima schietta e appassionata verso altre nobili sponde e con la versatilità e leggerezza delle sue corde abbracciò la lirica.
Visse una stagione di successi, tra cui La Tosca sotto diretto da Franca Valeri e l’operetta Scugnizza acclamato dal pubblico del Teatro Verdi di Trieste per due anni di fila.
Nell’omaggio di Stramp il tenore canta alla fine La danza di Rossini e per una fortunata coincidenza il ritmo incalzante della sua voce è perfettamente sincronizzato…con il ballo della Scugnizza. Magia di Lualdi.
(Ferruccio)