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Giacciono i migranti a Lampedusa, come coralli in fondo al mare

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Qualcuno li considera ancora bestie, sono invece una specie non protetta, silenziosa e colorata come i pesci, migrante come le balene. Arriva dall’altro mondo e popola la fauna acquatica, laggiù nei fondali di Lampedusa. Il mio amico e avvocato Pino, subacqueo esperto, l’ha vista l’ isola che non c’è, è andato una volta là sotto e non ci è più voluto tornare.  

Il 3 ottobre 2013 l’ orrore fu un peschereccio che batteva bandiera libica, immaginaria e crudele, a bordo eritrei e somali, le nostre vecchie colonie che avevano conosciuto faccetta nera venivano a restituirci un po’ di gratitudine. Erano 563 su una barchetta di venti metri,avvistarono terra. E che terra, la spiaggia dei conigli, paradiso dei turisti da tutto il mondo.
A mezzo miglio dall’Italia più africana, occhi gonfi di vento sfioravano la salvezza nel fragore delle ultime onde, sul traguardo il destino si è capovolto e 368 sono annegati, 9 bambini inghiottiti, qualcuno mai più ritrovato. Erano le 6.40 ma l’alba per quei disgraziati non è mai arrivata.

“Signor capitano – canta De Gregori – aiutaci a attraversare questo mare contromano, da destra o da sinistra non veniamo”. Agli africani senza pace né partito qualcuno ha raccontato che Lampedusa è un paradiso, così 15 mila han perso la vita per raggiungerlo. 

In 30 anni di sbarchi, a Roma non si è salvato nessuno, le tragedie si ripetono tra la speculazione dei politici e il becerume diffuso e incapace di comprendere le migrazioni, naturali come la pioggia, da quando esiste il tempo.
 
Resta il 3 ottobre “giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”, sopravvive l’umanità dei lampedusani. E giacciono gli occhi di quei poveracci, come coralli in fondo al mare. 

Il mare da sogno e l’umanità da Nobel, benvenuti a Lampedusa

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