Berlino, un pannello illustrativo (nella foto) indica il luogo dove il capo nazista visse gli ultimi istanti e si uccise il 30 aprile del ’45. Tutt’intorno c’è un parcheggio auto, posti liberi. Secondo alcune testimonianze il dittatore del Terzo Reich fu ritrovato morto lì con un colpo della sua pistola alla tempia destra.
I resti in parte carbonizzati furono rinvenuti la mattina del 4 maggio ’45 da uomini del Kgb e identificati grazie alle impronte delle arcate dentarie e poi sepolti nella Germania est. Riesumati dai servizi segreti sovietici quando qualcuno nel 1970 volle costruirvi case, infine cremati. E le ceneri gettate pare nel fiume Elba che attraversa l’Europa lungo mille km, tranne parte della mandibola conservata a Mosca.
Scattai questa foto alcuni anni fa in pieno inverno a Berlino, ero gelato ma con lo sguardo vivo in cerca soprattutto della strada intitolata a Hannah Arendt, che sapevo essere nelle vicinanze. Volevo portare un ricordo di quella donna speciale a mia madre, casalinga universitaria che della Arendt ha letto tutti i libri, tra una ciambella e un castagnaccio. E cosi fu.
Di fronte al punto in cui c’era il bunker oggi c’è proprio Hannah Artendt Strasse, la strada dedicata alla filosofa e storica tedesca ebrea che sul totalitarismo ha scritto l’opera più completa.
La Arendt raccontò la banalità del male e scandalizzò il mondo, lo sterminio nazista come il risultato di azioni non di mostri extraterrestri ma di uomini comuni di questa terra, mediocri burocrati, meschini esecutori di ordini terribili.
(Ferruccio, 25 aprile)