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Il Cavaliere oscuro che cavalcò l’Italia

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La domanda che ogni cittadino di buon senso e buon gusto si dovrebbe fare è se dopo 30 anni di berlusconismo l’Italia è un posto migliore. Chi ha votato per lui, almeno un italiano su due, e oggi si lamenta di tutto, sanità, scuola, ambiente, cultura, tv spazzatura, somiglia a un ossimoro, ridicolo come le sue barzellette.

Gli avversari che soprattutto a sinistra, invece di opporgli un progetto politico, andavano a caccia delle meretrici che gli giravano attorno, cosi da giustificare le accuse del Cavaliere di persecuzione di certa magistratura, esprimono la stessa inconsistenza alla notizia della scomparsa: “E’ stato un grande protagonista”, “lascia un vuoto”….

Nel rispetto della commozione dei familiari e di chi a Berlusconi deve tutto, non ci può essere ipocrisia nel ricordare l’imprenditore furbo e capace sbocciato con capitali di dubbia provenienza, che ha fondato un partito azienda grazie a Marcello Dell’Utri e considerato Putin il suo miglior amico.

Berlusconi non è stato a mio avviso causa ma conseguenza del degrado morale che una parte attribuisce alla sua discesa in campo, giacché in tante famiglie italiane vive un piccolo Berlusconi con l’istinto di evadere le regole, tradire la moglie magari con una escort e vincere la Coppa Campioni comprando Gullit e Van Basten, lui ha interpretato benissimo quel sentimento mediocre e diffuso.

Il suo portafogli è stato sempre aperto, per generosità, per lusingare gli avversari e per qualcos’altro. Ci guadagnava anche il suo umore. Gli ho parlato una sola volta per strada lungo un tour elettorale a Ischia, mi rimase impressa la sua maschera di cera e la cordialità. Certo di stuzzicare la sua risposta, gli chiesi se non gli sarebbe piaciuto scoprire qualche parente nell’isola, magari una nipote. Mi guardò col quell’instancabile sorriso: “Con tante belle ragazze, perché no…”.

Il Cavaliere seducente e pericoloso è stato tante cose che è inutile elencare, di sicuro il re delle promesse, a cui tanti italiani hanno creduto per convenienza o ingenuità, come si crede a Babbo Natale. Eppure un giorno una santissima verità, la confidò, al paroliere e poeta Rino Giglio che con il Berlusca aveva scritto alcuni testi a quattro mani: “Sai Giglio io da ragazzo volevo fare il cantante, era quello il mio mestiere”. Ci avrebbe guadagnato il Paese e forse pure la Siae.

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