La redenzione è un tema ricorrente nei film di Clint Eastwood. Le trame dell’attore e regista americano si nutrono spesso della tensione verso il riscatto, dal fallimento o dal rimorso, e l’etica della giustizia si rivela con l’amaro disincanto che ha reso unico il suo stile. 𝐺𝑟𝑎𝑛 𝑇𝑜𝑟𝑖𝑛𝑜, 𝐿𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑑𝑎 𝐼𝑤𝑜 𝐽𝑖𝑚𝑎 ma anche nel sensitivo e soprannaturale 𝐻𝑒𝑟𝑒𝑎𝑓𝑡𝑒𝑟 la ricerca di una via d’uscita dagli errori si spinge talvolta fino al sacrificio estremo.
Una dimensione umana che accompagna l’ultimo sentiero della sua parabola non solo cinematografica e si ritrova in 𝐶𝑟𝑦 𝑀𝑎𝑐ℎ𝑜, appena finito girare all’età di 91 anni, in cui è regista, attore protagonista e produttore: uscirà in America il 17 settembre e a ottobre in Italia.
La storia, tratta dall’omonimo romanzo scritto nel 1975 da N. Richard Nash, è un vestito su misura per lo stile narrativo di Clint, a suo agio con il personaggio di Mike Milo, ex star dei rodeo e allevatore di cavalli, al quale un vecchio capo chiede una missione: riportare il figlio dal Messico agli Stati Uniti per allontanarlo dalla madre alcolizzata. Lungo il viaggio pieno di insidie il ragazzo vivrà un’occasione di crescita e il vecchio Milo l’opportunità di redimere il suo passato. Insegnerà al giovane che cosa significa essere una brava persona e ritroverà il senso perduto di una vita.