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Islanda senza confini…si lavora quattro giorni e il tramonto è a mezzanotte

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Se si cerca l’Islanda su una cartina lo sguardo si apre subito sui confini: nessuno, come l’Australia dall’altra parte del mondo. Altro aspetto curioso è la popolazione, 366.700 abitanti di cui 200 mila nella capitale più a nord del pianeta, Reykjavik. Un terzo è di tipo militare, l’Islanda è uno dei pochi Paesi privo di forze armate, solo corpi di polizia e guardia costiera. L’ultima base Usa è stata chiusa nel 2006, l’indipendenza dagli occupanti stranieri fu nel 1944.
Quanto basta a caratterizzare quest’isola atlantica che ha sperimentato la riduzione della settimana di lavoro: quattro giorni invece di cinque, a parità di stipendio. Pare sia stato un successo.
L’esperimento è durato quattro anni ed è stato fatto nei luoghi pubblici, scuole, ospedali, uffici, su indicazioni del consiglio comunale di Reykjavik e del governo nazionale. Ha coinvolto circa 2500 persone e il rapporto conclusivo racconta di gente soddisfatta, produttività rimasta costante se non aumentata e dipendenti che hanno dichiarato di aver dato una spallata allo stress e dedicato più tempo agli affetti e agli hobby. I cittadini interessati, l’1 per cento della popolazione, hanno raccontato di sentirsi meno esauriti e di aver trovato un equilibrio decente tra lavoro e vita privata lavorando 35 ore invece di 40.
In Europa l’unico Paese a muoversi e anticipare questa direzione è stato la Francia, quando il presidente della Repubblica Jacques Chirac propose di passare da 39 a 35 ore settimanali in ufficio e l’idea divenne legge nel 2002 grazie alla ministra socialista Martine Aubry. La convinzione era che meno ore di lavoro liberassero più ore per consumare e il Pil sarebbe cresciuto.
In Islanda il tempo, e non solo quello di lavoro, ha dimensioni uniche e suggestive. Tra dicembre e gennaio il sole sorge dopo le 11 e tramonta tra le 15 e 30 e le 16, tra giugno e luglio sorge alle 3 e tramonta intorno a mezzanotte. Tre ore di buio appena d’estate dunque e circa quattro ore di sole d’inverno, almeno a Reykjavik. Lo spettacolo della natura è assicurato ma guai a credere che tutto lassù sia fiabesco come i paesaggi, se non si è turisti e si vuole lavorare, 4 ore alla settimana nel pubblico o in impieghi privati medio alti, occorre integrarsi e imparare una lingua tra le più difficili.
Il freddo si sa è polare ma i temporali sono sporadici, quattro o cinque volte l’anno e quasi sempre a fine estate. E la causa è l’aria calda in arrivo dal continente, caso raro in cui l’Europa riesce a influenzare “la terra dei ghiacci”.

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