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“La camorra minaccia, lo Stato mi uccide”. L’odissea di Ernesto alle porte di Napoli

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Un uomo chiede e ottiene con regolare licenza di costruire un capanno per rivendere le auto, e poter lavorare in pace con la sua famiglia. Ma l’area è ben presto invasa da costruzioni di cemento fino a circondare la sua piccola attività. Improvvisamente il capanno diventa abusivo, il Comune gli dice che deve abbatterlo e i costruttori che se ne deve andare. Per Ernesto Russo inizia un’odissea che dura da 20 anni. Minacce e agguati, lui denuncia tutto ma le istituzioni tacciono.
Intanto nella stessa area spuntano palazzine come funghi, senza un piano regolatore e senza servizi secondo la deprimente logica della speculazione edilizia.
Siamo a Volla, nell’entroterra alle porte di Napoli, comune sciolto per mafia nel 2004 e commissariato altre due volte per sfiducia al sindaco.
Qui nel maggio 2000 in un’omelia che fece scalpore, il parroco don Franco Di Gaeta pronunciò queste parole: “Signore converti i delinquenti ma se non è possibile chiamali a te, lontano da questa terra”. Era una figura scomoda, più o meno come Ernesto. Che non augura la morte a nessuno e chiede solo di essere lasciato in pace.

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