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“La notte di Weisel e i bambini impiccati nei lager. Dov’è il Buon Dio? Eccolo, appeso alla forca”

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Il silenzio di Dio davanti al massacro nazista, Elie Wiesel ci ha messo un bel po’ prima di affrontare un rebus cosi doloroso. Superstite dell’Olocausto, aveva 16 anni alla fine della guerra e per almeno altri dieci si rifiutò anche solo di discutere della propria esperienza di prigioniero nei campi di concentramento di Auschwitz, Buna e Buchenwald, come molti sopravvissuti.

Wiesel ha speso la sua vita a ricordare lo sterminio degli ebrei e altre pagine di vergogna sparse nel mondo come i genocidi in Cambogia, Ruanda, l’apartheid in Sudafrica, i desaparecidos in Argentina, i massacri in Bosnia, le deportazioni degli Miskito in Nicaragua, la persecuzione dei Curdi. E per spiegare perché, una volta liberato il ricordo della Shoah continuava a raccontare, lui: “Perchè scrivo? Forse per non impazzire. O forse, al contrario, per toccare il fondo della follia”.

Può aiutare a capire le sue parole 𝐿𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒, il suo libro più doloroso e toccante tra i suoi 57 consegnati alla memoria, capolavoro della letteratura sull’Olocausto come 𝑆𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑒’ 𝑢𝑛 𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑃𝑟𝑖𝑚𝑜 𝐿𝑒𝑣𝑖 e 𝑖𝑙 𝐷𝑖𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝐴𝑛𝑛𝑎 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑘. Quella follia nel ’44-’45 agli occhi di Wiesel, fanciullo molto religioso, raggiunse il punto più intollerabile quando fu testimone dell’impiccagione di un bambino insieme a due adulti.
Una delle pagine più intense e violente raccontate da un sopravvissuto: l’agonia del piccolo, la corda che non si tiene attorno al collo cosi esile e denutrito. Quell’esperienza terribile spingerà l’autore a demolire l’immagine di Dio e a perdere la fede.

“𝑆𝑖𝑎 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑖 𝐷𝑖𝑜? 𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒’, 𝑚𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒’ 𝑖𝑜 𝑎𝑣𝑟𝑒𝑖 𝑑𝑜𝑣𝑢𝑡𝑜 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑟𝑙𝑜?…𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒’ 𝐸𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑛𝑛𝑎𝑡𝑜 𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑖 𝑎 𝑏𝑟𝑢𝑐𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑆𝑢𝑒 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖? 𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒’ 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖𝑛𝑢𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑓𝑎𝑟 𝑓𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑒𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑐𝑟𝑒𝑚𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑒 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒, 𝑖𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑙𝑜 𝑆ℎ𝑎𝑏𝑏𝑎𝑡 𝑒 𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑠𝑎𝑛𝑡𝑖? 𝑃𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒’ 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑐𝑟𝑒𝑎𝑡𝑜 𝐴𝑢𝑠𝑐ℎ𝑤𝑖𝑡𝑧, 𝐵𝑖𝑟𝑘𝑒𝑛𝑎𝑢, 𝐵𝑢𝑛𝑎 𝑒 𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑓𝑎𝑏𝑏𝑟𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑒? 𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑜 𝑑𝑖𝑟𝑔𝑙𝑖: 𝐵𝑒𝑛𝑒𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑠𝑒𝑖 𝑡𝑢, 𝑜𝑛𝑛𝑖𝑝𝑜𝑡𝑒𝑛𝑡𝑒, 𝑆𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑈𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜, 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 ℎ𝑎𝑖 𝑠𝑐𝑒𝑙𝑡𝑖 𝑓𝑟𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑎𝑑 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑡𝑜𝑟𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑒 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒, 𝑝𝑒𝑟 𝑣𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑝𝑎𝑑𝑟𝑖, 𝑙𝑒 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑒 𝑚𝑎𝑑𝑟𝑖, 𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑓𝑟𝑎𝑡𝑒𝑙𝑙𝑖 𝑓𝑖𝑛𝑖𝑠𝑐𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑛𝑖?”….

Nella scena dell’impiccagione, per Weisel Dio sembra essere tutt’uno con il fanciullo appeso alla corda
“𝐼 𝑡𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑛𝑛𝑎𝑡𝑖 𝑠𝑎𝑙𝑖𝑟𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑠𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜𝑙𝑒. 𝐼 𝑡𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑛𝑒𝑟𝑜 𝑖𝑛𝑡𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜𝑟𝑎𝑛𝑒𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑛𝑒𝑖 𝑛𝑜𝑑𝑖 𝑠𝑐𝑜𝑟𝑠𝑜𝑖.

– 𝑉𝑖𝑣𝑎 𝑙𝑎 𝑙𝑖𝑏𝑒𝑟𝑡a’! – 𝑔𝑟𝑖𝑑𝑎𝑟𝑜𝑛𝑜 𝑖 𝑑𝑢𝑒 𝑎𝑑𝑢𝑙𝑡𝑖.

𝐼𝑙 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑜, 𝑙𝑢𝑖, 𝑡𝑎𝑐𝑒𝑣𝑎.

– 𝐷𝑜𝑣’𝑒’ 𝑖𝑙 𝐵𝑢𝑜𝑛 𝐷𝑖𝑜? 𝐷𝑜𝑣’𝑒’ – 𝐷𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑜’ 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑒𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑒.

𝐴 𝑢𝑛 𝑐𝑒𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑝𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜 𝑙𝑒 𝑡𝑟𝑒 𝑠𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜𝑙𝑒 𝑣𝑒𝑛𝑛𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑙𝑡𝑒.

𝑆𝑖𝑙𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜. 𝐴𝑙𝑙’𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑖𝑙 𝑠𝑜𝑙𝑒 𝑡𝑟𝑎𝑚𝑜𝑛𝑡𝑎𝑣𝑎.

– 𝑆𝑐𝑜𝑝𝑟𝑖𝑡𝑒𝑣𝑖! – 𝑈𝑟𝑙𝑜’ 𝑖𝑙 𝑐𝑎𝑝𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜. 𝐿𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑣𝑜𝑐𝑒 𝑒𝑟𝑎 𝑟𝑎𝑢𝑐𝑎. 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑎 𝑛𝑜𝑖, 𝑛𝑜𝑖 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑔𝑒𝑣𝑎𝑚𝑜.

– 𝐶𝑜𝑝𝑟𝑖𝑡𝑒𝑣𝑖!

𝑃𝑜𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑖𝑛𝑐𝑖𝑜’ 𝑙𝑎 𝑠𝑓𝑖𝑙𝑎𝑡𝑎. 𝐼 𝑑𝑢𝑒 𝑎𝑑𝑢𝑙𝑡𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑝𝑖u’. 𝐿𝑎 𝑙𝑖𝑛𝑔𝑢𝑎 𝑝𝑒𝑛𝑑𝑢𝑙𝑎, 𝑖𝑛𝑔𝑟𝑜𝑠𝑠𝑎𝑡𝑎, 𝑏𝑙𝑢𝑎𝑠𝑡𝑟𝑎. 𝑀𝑎 𝑙𝑎 𝑡𝑒𝑟𝑧𝑎 𝑐𝑜𝑟𝑑𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎 𝑖𝑚𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑒: 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑒 𝑙𝑖𝑒𝑣𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑖𝑙 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑜 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎…

𝑃𝑖𝑢’ 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑒𝑧𝑧’𝑜𝑟𝑎 𝑟𝑒𝑠𝑡o’ 𝑐𝑜𝑠𝑖, 𝑎 𝑙𝑜𝑡𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑒 𝑙𝑎 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑒, 𝑎𝑔𝑜𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖. 𝐸 𝑛𝑜𝑖 𝑑𝑜𝑣𝑒𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎𝑟𝑙𝑜 𝑏𝑒𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎. 𝐸𝑟𝑎 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑣𝑖𝑣𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑔𝑙𝑖 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎𝑖 𝑑𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖. 𝐿𝑎 𝑙𝑖𝑛𝑔𝑢𝑎 𝑒𝑟𝑎 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑟𝑜𝑠𝑠𝑎, 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑛𝑡𝑖.

𝐷𝑖𝑒𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑒 𝑢𝑑𝑖𝑖 𝑖𝑙 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑜 𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎𝑟𝑒:

– 𝐷𝑜𝑣’𝑒’ 𝑑𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝐷𝑖𝑜?

𝐸 𝑖𝑜 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑖𝑛 𝑚𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑣𝑜𝑐𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑣𝑎:

-𝐷𝑜𝑣’𝑒’? 𝐸𝑐𝑐𝑜𝑙𝑜: 𝑒’ 𝑎𝑝𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑙𝑖’, 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑐𝑎…
𝑄𝑢𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑟𝑎 𝑙𝑎 𝑧𝑢𝑝𝑝𝑎 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑢𝑛 𝑠𝑎𝑝𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑑𝑎𝑣𝑒𝑟𝑒

I bambini uccisi dai nazisti furono oltre un milione, in stragrande maggioranza ebrei, altre decine di migliaia erano zingari, polacchi, sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, e bambini tedeschi con handicap fisici o mentali.

Elie Wiesel ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1986, è morto sabato 2 luglio 2016 a New York a 87 anni.

grazie a Mauro Giancaspro amico e raffinato bibliofilo e a Carlo De Matteis autore di “Dire l’indicibile. La memoria letteraria della Shoah”.

(nella foto sopravvissuti liberati a Dachau)

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