“Voto per Lula perchè sono antirazzista e antifascista” aveva detto poche settimane fa Rai, fratello più piccolo di Socrates, indimenticabile calciatore carioca che al suo arrivo in Italia nell’84 a chi gli chiedeva se preferiva Mazzola o Rivera, rispose di conoscere solo Gramsci. Chi sta con Lula in Brasile mostra con orgoglio la L aprendo due dita della mano, per distinguersi dal gesti dei fan di destra di Bolsonaro, presidente uscente, che con le stesse dita mimano la pistola.
In Brasile torna al potere per la terza volta il 77enne amico dei lavoratori, il bambino analfabeta e lustrascarpe che dormiva con la madre e sette fratelli nel retrobottega di un bar, che a 19 anni perse il mignolo della mano sinistra in una pressa e pensò che l’unico modo di rimettere le cose a posto era fare politica. Dopo 25 anni di dittatura militare diventò presidente del Brasile e oggi è ricordato per aver fatto qualcosa per i poveri, aver abbattuto la deforestazione amazzonica e la malnutrizione infantile. Con un incidente di percorso, 580 giorni di carcere per accuse di corruzione poi cadute.
Il Brasile è oggi la settima economia mondiale anche se resta uno dei Paesi più diseguali al mondo dove dieci milioni di persone sopravvivono con poco più di un dollaro al giorno. Ma Luiz Inacio Lula due o tre cose di sinistra, le può rivendicare. Nonostante qualche stretta di mano di convenienza a Bush e Putin e alcune ombre sul cammino, lo scivolone del rifiuto di estradare l’ex terrorista italiano Cesare Battisti.
Ha battuto Jair Bolsonaro, neanche lontano parente del Jair da Costa della Grande Inter, un estremista di destra, espressione dell’odio più violento, razzista che ha insultato neri, indios, gay, trattato gli immigrati come bestie, infierito sui parenti dei desaparecidos. Uno scarto minimo di voti ha impedito a quest’uomo di replicare le sue “virtù”, la cieca ignoranza con cui aveva confinato il Covid dentro la propaganda negazionista e il virus come un’invenzione delle case farmaceutiche: risultato, 700 mila morti.
E’ già una buona notizia che non sia più il presidente, ma quasi metà degli elettori lo ha votato e qualche domanda sulla deriva del mondo meglio farsela. La sua sconfitta di misura ha ridato fiato alla sinistra demoralizzata da quest’altra parte dell’oceano. Che però dimentica che il vincitore Lula, leader dei lavoratori, ha vinto grazie ai moderati e sull’Ucraina in un una lunga intervista al Time condannò l’odio contro Putin ma seminò per opportunismo quello contro Zelensky.
Ma se Lula risponde al suo pragmatismo, senza i fertilizzanti della Russia l’agricoltura in Brasile si blocca, parte della sinistra italiana, moderata, radicale o veterocomunista, è in totale confusione quando simpatizza per un uomo come Putin non lontano da Bolsonaro e cinica espressione di un fascismo di nuova generazione, omofobo e repressivo di libertà che le democrazie imperfette hanno conquistato da una vita.
La sinistra equidistante tra oppressi e oppressori in Ucraina tradisce il più importante principio marxista e somiglia molto a quella che taceva sui crimini di Stalin, solo perché il dittatore sovietico era utile alla propaganda antiamericana.
(Ferruccio)