La scena è estratta da un film bellissimo, “L’ultimo lupo” (2015), ispirato al romanzo autobiografico (Il totem del lupo) pubblicato nel 2004 dello scrittore cinese Lü Jiamin, pseudonimo di Jiang Rong.
Il film è ambientato in Mongolia durante la Rivoluzione culturale di Mao, ispirato all’esperienza vissuta dall’autore, oggi 77 enne, che un giorno partì volontario per il luogo più nomade della terra e vi restò per 11 anni.
Due studenti di Pechino sono mandati a alfabetizzare le tribù locali ma ricevono una lezione indimenticabile, sedotti dalla relazione sacra e mistica che i pastori stabiliscono con la vita e i lupi in una terra estrema e affascinante. Quando il governo cinese di Mao decide che tutti i cuccioli devono essere uccisi Chen Zhen ne salva uno e lo alleva di nascosto, Lupetto lo segnerà per sempre.
Tornato dalla Mongolia, lo scrittore dissidente partecipò alla ribellione contro il regime cinese nella Primavera di Pechino del ’78 e alle proteste di piazza Tienanmen nell’89 e scontò 18 mesi di carcere. Il suo libro in Cina seppur ostacolato poco alla volta è diventato un bestseller, inno alla libertà di tutte le anime della splendida steppa mongola.
“E poi il detto lupo vivette due anni in Agobio; ed entrava dimesticamente per le case, a uscio a uscio, sanza fare male a persona e sanza esserne fatto a lui; e fu nutricato cortesemente dalla gente”.
(dal fioretto di San Francesco sul lupo di Gubbio)