Non era uno scherzo e nemmeno di cattivo gusto. L’undicesima edizione del Festival del calcio italiano, rassegna che riconosce meriti a atleti e dirigenti, aveva pensato di premiare la figura di Luciano Moggi. Proprio lui, l’ex direttore generale della Juventus radiato a vita dopo le condanne sportive per Calciopoli e quelle penali estinte con la prescrizione. Sembrava tutto fatto ma quando gli organizzatori della cerimonia che si terrà a Salerno il 19 dicembre, hanno comunicato la notizia e fatto sapere che il premio è patrocinato tra gli altri da Coni, Lega Calcio e Associazione italiana arbitri, è scoppiata la bufera.
Come già su Berlusconi aspirante capo dello stato dopo l’onoratissima carriera politica, ironia e commenti hanno preso il largo. E sono partite le smentite. Il Coni ha ammonito di non aver dato affatto il patrocinio e ha diffidato gli organizzatori dall’uso del logo. Un fuoco di paglia che ha portato la rassegna a ritirare il premio a Moggi, ma intanto qualcuno ci aveva provato.
Chi scrive non è per niente allineato al pensiero con cui la juve è liquidata dai nemici come male assoluto, la Juve è il bianco e il nero di uno sport dove chi è senza peccato non dovrebbe giocare nel Qatar. E Moggi, per restare a lui, non fu un santo nemmeno al Torino e nel Napoli di Ferlaino.
Beninteso, la Juventus trascinata in B dalle sue scorribande, che vinceva per questione di centimetri sospetti contro la Roma di Dino Viola, che forzò il regolamento per non perdere contro la nascente Inter di Herrera, che esibì quella Coppa dopo la strage dell’Heysel, non si è guadagnata la simpatia di uno sportivo neutrale.
Ma la Juve è anche il club dove è esplosa una generazione di calciatori tra le migliori che l’Italia abbia avuto, da Tardelli a Gentile, da Zoff a Bettega, è Gaetano Scirea che a maggio farebbe 70 anni se non ricordassimo di lui la tragica morte, è Boniperti che da ragazzino e ancora riserva andava a ammirare il Grande Torino.
E’ il ricordo di un tempo perduto, quando bambino degli anni ’70 con papà e mio fratello Francesco assistevo al San Paolo allo spettacolo delle bandiere bianconere che sventolavano insieme a quelle del Napoli e si tornava a casa senza un graffio.
Queste pagine di nobile vita juventina non hanno nulla a che fare con Moggi, siamo semmai curiosi di sapere con quale motivazione sarebbe stato premiato. E se tra i suoi meriti avremmo scoperto, chissà, quello di aver liberato qualche arbitro rinchiuso nello spogliatoio.
1 Commenti
Molto bello il ricordo di Mazzola che mi ha fatto ritornare indietro nel tempo, quando il calcio era solo sport!
Totalmente condivisibile l’articolo sullo scampato pericolo della premiazione di Moggi.