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Napoli, 33 anni per il Paradiso

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Ci son voluti gli anni di Cristo e Napoli ora vede il Paradiso. Che han vinto i migliori è storia da mesi, meno banale restituire meriti a chi se li è visti negare e ha tenuto duro, dalla serie C al trionfo tricolore e ora trova davanti alla porta crociate di leccapiedi.

Scostante quanto si vuole, Aurelio De Laurentiis non si è mai accontentato degli incassi della Champions come i pulcinella dell’informazione sospettavano. E i conti gli tornano. Ha indovinato con il ds Giuntoli la campagna acquisti, Simeone e Raspadori sarebbero titolari ovunque, tenuto nella giusta direzione un ambiente storicamente sospeso tra luce e ombra, proprio come il Vesuvio.

Gli è stato pari Spalletti che ha smorzato l’istinto polemico toscano e esaltato il gruppo con polso e concentrazione sconosciuti dai tempi di Bianchi. Il telaio che ha raccolto era già di qualità, il Napoli è da primi posti ormai da un decennio. Lo scudetto poteva arrivare prima. Osimhen, tanta grazia in un anno solo ha pochi precedenti cosi come un campionato vinto con tanto anticipo da decretare Napoli non più regno della scaramanzia.

Timori ripiegati sul passo incerto dei rivali, l’Inter non è meno forte ma il Napoli è stato migliore nella testa prima che nei piedi, ritrovarsi poi sul tetto d’Italia nell’anno in cui la Juventus rischia un nuovo tracollo giudiziario, è l’orizzonte che i tifosi azzurri sognavano. Il Napoli di Osimhen e Kvaratskhelia ha già fatto molto meglio in Champions di quello di Maradona e Careca (due eliminazioni al primo turno) ed è la squadra più corretta a guardare le ammonizioni, il vantaggio di non avere un Cuadrado.

Attraversare la città in questi giorni è un esame di Storia. Da Forcella ai Quartieri spagnoli si inciampa nelle proverbiali citazioni degli illustri napoletani ormai riciclate a destra e sinistra e all’occhio attento del viaggiatore non sfugge la differenza tra il trionfo di bandiere nel cuore antico di Spaccanapoli e l’anima borghese di via dei Mille avida di pezze a colori.

Ma il vulcano non fa sconti e unisce coi i suoi zampilli, illumina il cielo anche nel ricordo di amici e tifosi che non ci sono più, come Mario Gallotti da Portici e Antonio Esposito barbiere di Posillipo, e forse ci sono sempre.

Mauro Giancaspro, indimenticabile bibliofilo spentosi sul traguardo dello scudetto, tifoso del Napoli e avversario degli stereotipi, un giorno scrisse “Elogio della zoccola” (Edizioni Sabinae), ispirato dallo striscione su Romeo e Giulietta che irruppe negli sfottò tra tifosi degli anni ’80. Aveva notato che il termine non proprio elegante era però entrato, come “pirla”, nel vocabolario italiano e con la sua ironica sensibilità gli aveva restituito compassione, come a un topolino: “A tutti è concessa una seconda possibilità, anche alle zoccole”.

Il Napoli campione d’Italia trascina la retorica sul riscatto della città in cui tanti sguazzano, accompagnata dal refrain “succede solo a Napoli”. Ero a Testaccio nel giorno del terzo scudetto della Roma 17 giugno 2001 e vidi gente arrampicata sui tetti del tram. I luoghi comuni s’innamorano forse a ragion veduta delle città più cinematografiche ma il riscatto sociale non si lega certo a uno scudetto, semmai alla volontà di investire sugli unici attori che possono salvare il mondo, i bambini.

Serve tifare Napoli, non solo il Napoli. Il filosofo Aldo Masullo, il miglior sindaco (mancato) di questa città, un giorno mi disse che era affetta da una malattia che nessuno aveva mai curato e indicò la soluzione parafrasando Massimo Troisi: “Ricomincio da me”.

(nella foto Donatella tifosa del centro storico e un murale a Forcella)

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