Un anno prima di morire Franz Kafka soggiornò a Berlino insieme alla compagna 𝐷𝑜𝑟𝑎 𝐷𝑖𝑎𝑚𝑎𝑛𝑡. Nel parco Steligtz un giorno notò il pianto disperato di una bambina che aveva perso la sua bambola preferita. Prese subito a cuore la sofferenza della piccola e insieme cercarono la bambola, senza trovarla. Pur di consolarla s’inventò allora postino delle bambole e le raccontò che la sua si era solo allontanata per un viaggio. Con la sensibilità e l’immaginazione dei suoi capolavori iniziò a scrivere una lettera al giorno che consegnava alla bambina, da parte della bambola… E così alleviò la perdita, il grande dolore dell’esistenza.
Il toccante racconto sembra una fiaba ma è storia vera. Lo riferì anni dopo la compagna dello scrittore e quell’esperienza diventò un libro: “Kafka e la bambola viaggiatrice”. Nessuno è mai riuscito a rintracciare la bambina e quelle lettere.
Ebreo di lingua tedesca (che detestava), nato a Praga, Kafka è stato uno degli scrittori più profondi della letteratura mondiale. Timido, ironico, sensibilissimo, il suo magico realismo descriveva con uno stile preciso nei dettagli le miserie umane che la sua anima non voleva accettare.
Morì il 3 giugno 1924 di tubercolosi alimentare, dunque di fame. La sorella a cui era più legato, 𝑂𝑡𝑡𝑙𝑎, lo accudirà fino alla fine ma non riuscirà a salvare se stessa da 𝐴𝑢𝑠𝑐ℎ𝑤𝑖𝑡𝑧 e morirà come le altre due sorelle nei lager nazisti. Si salvò invece il suo caro e fedele amico Max Brod che fuggì in Palestina e mise in salvo anche le opere del grande scrittore come 𝐼𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑠𝑠𝑜 e 𝐼𝑙 𝑐𝑎𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜. Kafka avrebbe voluto distruggerle con tutti i suoi manoscritti, e non lasciare traccia di sé.
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