Se il calcio dei ricchi indebitati tradisce le antiche regole di uno sport che ha radici nel sangue della gente, a colpire e affondare i traditori ci pensa l’Inghilterra, la culla del football. Tutte le sei squadre inglesi hanno fatto marcia indietro in poche ore con tanto di scuse ai tifosi, la prima delle 12 ribelli a pentirsi è stata il Chelsea, poi Manchester City, Liverpool, Tottenham, Arsenal e Manchester United. Troppo forte la reazione indignata di tifosi e istituzioni. Pep Guardiola, allenatore del City, aveva tagliato corto: “La Superlega? Non è sport quando il successo è già garantito””. Prima di lui duro il primo ministro inglese Boris Johnson. “Non c’è bisogno di essere un esperto per non provare orrore per un progetto simile, il calcio non è un marchio o un prodotto, la Superlega non avrebbe mai permesso favole come quella del Leicester o del Nottingham Forest”.
Nemmeno la favola del Cagliari di Gigi Riva o del Verona di Osvaldo Bagnoli. L’Inter seppur tardi si è sfilata con un comunicato, il Milan per ora tace.
L’Uefa ora vuole la testa di Andrea Agnelli capofila del “golpe” progettato a braccetto con il patron del Real Madrid Florentino Perez.
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