“Papà, perché non prendi quei sogni fasulli e li bruci prima che succeda qualcosa…” è uno dei momenti più toccanti di “Morte di un commesso viaggiatore”, capolavoro quasi mai ricordato tra i cult di Dustin Hoffman come Un uomo da marciapiede, Il laureato, Il maratoneta,Il piccolo grande uomo, Tutti gli uomini del presidente…
Il grande attore americano, che ha appena compiuto 86 anni, ne aveva 48 quando fu invecchiato di 15 anni per interpretare Willy Loman, commesso viaggiatore che vive una vita di sacrifici ma proietta di sé l’immagine non vera di un uomo di successo, ricco e felice e crea nei suoi due figli le stesse aspettative.
La rinuncia ai sogni e ai desideri autentici soffoca il dialogo e il cammino della famiglia Loman si perde nel dolore dell’incomprensione, un padre che sente il fallimento, una madre che accetta passiva, i figli che sono quello che non hanno mai desiderato essere.
Finché uno dei due rompe l’ipocrisia e attraversa con amore e coraggio quel dolore. “Non si è mai detta la verità per dieci minuti in questa casa!”.
Quando Willy perde il lavoro e teme di aver vissuto una vita invano, si preoccupa di lasciare alla povera moglie almeno l’assicurazione sulla vita, e si suicida.
Film e attori magistrali in questo lavoro tratto dal dramma teatrale di Arthur Miller, oltre al piccolo grande Dustin, John Malkovich e Stephen Lang (i figli) e la compianta Kate Reid (la madre). Lo vidi appena uscì in Italia nel luglio 1985, uno dei ricordi migliori dei miei vent’anni.