Bisogna ringraziarlo, Putin. Per mesi si è mostrato vittima dell’Occidente, lui che ha sparpagliato una flotta di spie e rublo capitalisti in tutte le direzioni a ovest di Mosca, soffocato il dissenso come una dittatura latinoamericana dei tempi di Pinochet e dei generali argentini appoggiati dalla Cia.
In Italia è riuscito perfino a mettere dalla stessa parte veterocomunisti e postfascisti al grido di bandiera russa la trionferà contro la Nato e barbapapà, mentre dalla Russia fuggono dopo averlo ascoltato in tv.
Intanto ha invaso non solo il Donbass russofono in territorio ucraino ma l’intera Ucraina da nord a sud, Leopoli a ovest non poteva e allora l’ha solo bombardata, i suoi carri armati sono arrivati a Irpin e Bucha, come dire Fiesole e Centocelle. E per chi non conosce l’Ucraina sarebbe utile sapere che la lingua russa è parlata da tantissimi ucraini che solo cosi al tempo dell’Unione Sovietica potevano sperare di avere accesso a lavori migliori.
Ora che sta perdendo la guerra la luce dello zar è ancora più chiara. Indire un referendum con i fucili puntati, proclamare suoi territori quelli conquistati con i missili e esporre alla rappresaglia atomica quelli ucraini che pioverebbero sui confini diventati russi in 24 ore.
La storia racconta che la Crimea, non l’Ucraina, è un rebus irrisolto, come ricordava Giulietto Chiesa, regalata nel ’54 da Krusciov agli ucraini ma prima ancora sottratta ai tatari, etnia di origine turca deportata e che oggi rappresenta solo il 12 per cento. Su tutto il resto chi sta con Putin sta con un oppressore pericoloso e lo hanno capito anche indiani e cinesi.
Nella mia esperienza in Ucraina a giugno per 15 giorni, ho tratto da questa assurda guerra due lezioni.
Quello ucraino è un popolo freddo, poco simpatico, nazionalista da molto prima dell’invasione, ma solidale e unito. La solidarietà si riconosce in un simbolo ricordato ovunque in questa terra martoriata dove già Stalin fece morire di fame milioni di innocenti: Taras Shevchenko, basta andarsi a leggere chi era questo meraviglioso poeta e scrittore per capire che Putin non li piegherà nemmeno con l’atomica, perché lo spirito sopravvive a tutto.
L’altra mi collega alle sante parole di Enrico Berlinguer, che si sentiva più sicuro sotto l’ombrello della Nato che con gli “amici” del patto di Varsavia. E io che mi sono fermato a 400 km da Kharkiv, nel ricordo della mia umile e dura esperienza posso solo sospettare che se fossi andato in campo russo, non avrei potuto scrivere questo post.
(Ferruccio)